Lavorando nel campo delle immagini, ovviamente ci troviamo quotidianamente ad avere a che fare con il sorriso. Per noi contemporanei, il sorriso spesso è la “killer application” di un visual: la sua luminosità, positività, ironia, innocenza, violenza, a seconda delle pose, è in grado di essere un messaggio in sé.
è stato per noi interessante scoprire che il sorriso è un’invenzione moderna. se volete saperne di più, vi consigliamo un articolo del nostro Pier Pierucci: link: http://www.segnalideboli.it/?p=821
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Il Nuovo M280 di Aquafan
Finalmente! Aquafan può finalmente inaugurare il suo nuovo super scivolo. Si chiama M280 ed era stato programmato per essere aperto al pubblico per l’estate 2020, ma non è stato possibile per le ragioni che sappiamo.
Ancora una volta (è dal 2006!) abbiamo avuto l’onore di partecipare al tavolo creativo di Aquafan, coordinato dal responsabile marketing Andrea Drudi, affiancato dall’agenzia Edita di Rimini.
Lo spot è stato realizzato in marzo, nel corso di 4 giorni di riprese. La regia è di Massimiliano Pontellini, la produzione è di Antonio Vanzolini, gli effetti speciali sono a cura del nostro storico collaboratore Claudio Tacchi. A inizio maggio è stato lanciato dalla fan page di Aquafan.
Ovviamente sul set abbiamo seguito più che scrupolosamente tutte le normative anti-Covid, come da raccomandazioni ricevute dalla DG di Costa Edutainment, Patrizia Leardini.Post Views: 48 -
Un po’ di Simpson in Botticelli
Tra le tante cose straordinarie che stanno succedendo nel nostro mondo moderno, c’è anche il fatto che la tecnologia ha cambiato il modo in cui noi guardiamo ciò che ci circonda.
Ci stiamo abituando a nuove percezioni. Come dice l’ottimo Riccardo Falcinelli su Cromorama (uscito per Einaudi nel 2017), ripreso da uno smartphone, un affresco risulta luminoso come una foto digitale. Le tinte cariche e brillanti di uno schermo sono ormai il il parametro con cui valutiamo la purezza di ogni fenomeno cromatico.
Falcinelli ha ragione: chi ha conosciuto il colore della televisione, non può più vedere il mondo con gli occhi del passato.
Magari non ne siamo consapevoli, ma abbiamo in mente il giallo dei Simpson anche quando abbiamo di fronte un quadro del Botticelli.
Noi che produciamo immagini, non solo vogliamo cogliere il bello, ma spesso puntiamo a rendere bello ciò che è banale.
Forse non dovremmo? Forse sarebbe corretto dare alla banalità la giusta importanza? E poi, cos’è la banalità?
Ma questo è un altro film…
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Un’altra Rivoluzione dell’arte
Il Covid-19 ha apportato tante e intense modifiche al mondo contemporaneo e di conseguenze alle vite di ogni singolo individuo. La pandemia ha segnato una cesura palpabile e sensibile agli occhi di tutti e per questo è possibile, a posteriori, differenziare due tipi di realtà: quella pre-covid e quella post covid.
Il passaggio intermedio è quello che tutti noi abbiamo esperito sulla nostra pelle, quando un virus sconosciuto si è insidiato veloce e silenzioso, di paese in paese portandoci a nuove consapevolezze, stili di vita e regole.
A cambiare è stato principalmente il nostro approccio verso il mondo esterno, quel mondo che per mesi e mesi ci è stato privato e sottratto e che abbiamo imparato a portare all’interno delle nostre abitazioni per non lasciarlo scivolare via.
Il mondo del lavoro, in primis, ha dovuto reinventarsi per non collassare, sperimentando nuove modalità di approccio alle varie mansioni, approdando sul digitale e permettendo, dunque, a ognuno di svolgere la propria attività da casa attraverso la nuova pratica dello smart working.
Tale passaggio obbligato ha interessato anche il mondo dell’arte, un universo fatto di mostre, eventi, fiere che ha dovuto rivoluzionarsi e digitalizzarsi per sopravvivere alla nuove routine. Due scie di pensiero diverse sono state intraprese: da una parte alcuni galleristi tra cui Romain Hourg di Parigi e Rüdiger Voss di Düsseldorf, hanno subìto negativamente questi cambiamenti radicali, decidendo, dunque, di sospendere o rimandare le varie mostre; la motivazione principale rimandava all’incapacità di percepire la ricercatezza e i dettagli delle varie opere tramite lo schermo di un computer o di un telefono. Dall’altra, al contrario, un gran numero di artisti che hanno deciso di sfidare la sorte e intraprendere strade alternative.
Nessuna esposizione in carne ed ossa, nessun collezionista in giro fra gli stand, ma al contrario un’inedita possibilità di apprezzare un murales nato a Palermo o un dipinto esposto a Londra standosene comodamente nel proprio salotto di casa.
La prima fiera dell’arte che si è affacciata all’online è stata “Frieze”, che ha preso luogo a New York nel maggio 2020. La risonanza dell’evento è stata a livello mondiale, in quanto il pubblico ha raggiunto cifre mai viste prime. “Spostati per cause di forza maggiore interamente sul digitale abbiamo rivoluzionato tutta l’organizzazione e siamo rimasti sorpresi dal successo della fiera di maggio” conferma all’ANSA, Nathan Clements Gillespie, artist director di Frieze Masters. “Abbiamo avuto un boom di log-in, è andata abbondantemente sold out tanto che siamo stati costretti a contingentare le iscrizioni. Il successo è stato di gran lunga superiore a quanto non succedesse nelle fiere dal vivo.[..] Il Covid è stato un fenomeno tragico ma ci ha indotti a trovare nuove soluzioni che continueremo a percorrere, con nuove forme ibride di fiere ed eventi, realizzati contemporaneamente online e dal vivo“.
Clements ha inoltre constatato come questa nuova pratica abbia favorito la diffusione di una nuova generazione di acquirenti che si sono appassionati sempre di più al mondo dell’arte; giovani collezionisti, abituati già a navigare e ad acquistare online e per questo più inclini, rispetto alle generazioni precedenti, ad affacciarsi al mondo del web e ad apprezzare questa nuova modalità di fruizione.
Le piattaforme digitali, dunque, hanno dimostrato la capacità di estendere e democratizzare l’arte che si apre ad un pubblico ancora più vasto inglobando anche chi si limita ad ammirare le opere, a studiare l’arte o è spinto dalla semplice curiosità.
Il giornalista Von Vacano afferma: “Grazie al digitale gli artisti comunicano direttamente con i loro collezionisti, che aumentano di giorno in giorno attraverso i social. Il valore di un artista passa adesso anche attraverso i suoi followers su instagram e i suoi video su tiktok. La comunicazione è diretta, allargata in modo esponenziale per tutto il globo perché gli autori lanciano le loro ‘limited editions’ direttamente sui social, senza avere bisogno di intermediari. Le opere vanno a ruba in pochi istanti. Nel frattempo i collezionisti, grazie al digitale, sembrano più rilassati, spendono più tempo a godere e scegliere le opere e in questa modalità spendono di più. Gallerie, fiere ed operatori che si adeguano ne escono vincenti. Il digitale ha fatto esplodere il business nel mondo trasformandolo profondamente“.
Interessante è stata inoltre l’iniziativa portata avanti dall’ente Rai Cultura che ha deciso di dedicare un’intera sezione web alla tematica relativa all’Arte al tempo del Covid-19 (vedi link). Tale rubrica, prevede testimonianze dirette di una moltitudine di artisti contemporanei che raccontano, tramite le loro opere e le loro parole, come hanno vissuto questo capitolo drammatico.
Ancora una volta, dunque,la rete diventa lo strumento prescelto e il più idoneo, per raggiungere in tempi brevissimi i luoghi di lavoro e le menti di maestri provenienti da tutto il mondo, da Oriente ad Occidente.
Il Covid-19 ha quindi significato una grande opportunità che ha permesso una risemantizzazione dell’arte e più in generale della cultura, percorrendo, inizialmente forzatamente, nuove strade, rivelatesi funzionali, pratiche e decisamente geniali.
Carolina Angelini
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